AD APPENA DUE MESI DALL'USCITA DI A THEORY OF DYNAMICS, ECCOCI A PARLARE CON RICCARDO GIOGGI PER CONOSCERLO MEGLIO!
Quand'è cominciato il tuo amore per la musica, nella fattispecie per la chitarra? C'è un brano che ti ha fatto dire "farò il musicista"?
Fin da bambino sono sempre stato affascinato dalla chitarra, ho iniziato a prendere lezioni di chitarra classica verso i 10 anni. Qualche tempo prima, l'incontro con il brano in questione, che è "The Invisible Man" dei Queen. Mi capitò per le mani il Greatest Hits II, probabilmente era di qualcuno dei miei cugini più grandi e ascoltando quel pezzo ma soprattutto il solo di Brian May sono rimasto totalmente folgorato.
C'è un artista a cui ti ispiri?
Non uno in particolare: credo che il tratto forte di ogni musicista che ammiro sia la sua unicità e per quello che posso, cerco di fare del mio meglio per lavorare su questo punto anche io. Certamente in passato ho avuto dei riferimenti molto presenti, è normale soprattutto quando si studia uno strumento. Ascolto davvero di tutto, e sento di essere stato ispirato da artisti diversi per motivi diversi, al di là della chitarra. Posso dirti però che il mio eroe "totale" è David Gilmour: suono incredibile, performance sempre misurate, gusto e intensità. Riconosco che è molto lontano dallo stile del mio album, ma lo ammiro tantissimo.
Veniamo allo stile del tuo album. Parola d'ordine: libertà, o mi sbaglio?
Non sbagli affatto. Sono uno che scrive molto d'istinto e non ho mai forzato le mie idee a livello di stile chitarristico o compositivo. Semplicemente, se una cosa suona bene per me e mi trasmette qualcosa a livello emotivo, quella è la strada da seguire. Gli unici punti dove mi sono autoimposto delle regole che ho maturato nel tempo e su cui ho riflettuto sono sulla struttura dei brani, che deve essere solida e scorrevole allo stesso tempo, e sul non scrivere pezzi troppo lunghi, se non è veramente necessario oltre ad offrire dei temi e delle melodie forti. Rispettati questi punti, vale tutto: nessun preconcetto.
"Credo che il tratto forte di ogni musicista che ammiro sia la sua unicità e per quello che posso, cerco di fare del mio meglio per lavorare su questo punto anche io." |
Guarda, lavorando anche come insegnante, ne avrei da riempirne 10 pagine! Ma probabilmente il consiglio più importante per qualcuno agli inizi è: non avere fretta di vedere i risultati. Questo è un punto delicatissimo e fonte di insoddisfazione, da quello che ho avuto modo di vedere in più di un'occasione. Bisogna essere pazienti, attenti e amare veramente la chitarra e tutto quello che c'è intorno e riconoscere il fatto che a volte richiede grandi sacrifici. Ma se uno lavora bene, poi la ricompensa che ne deriva è impagabile.
Quanto hai lavorato a A Theory of Dynamics?
Tantissimo! L'ho scritto nel 2009-2010, e dopo la pre-produzione sono iniziate le registrazioni. Credo che tutto sia stato registrato tra l'estate del 2010 e i primi mesi del 2011, senza contare il mixaggio, di cui mi sono occupato in prima persona e che è stato davvero lungo, soprattutto per il fatto di non riuscire, tra un lavoro e l'altro, lezioni ecc.. a dedicarmici con una continuità programmata. L'ultima cosa registrata "last minute" è stata la featuring con il bassista statunitense Michael Manring sul brano "Air". Inizialmente il basso l'avevo - per qualche ragione che ora mi sfugge - registrato io, ma quando Michael mi ha detto che avrebbe partecipato volentieri all'album, ho cancellato la mia take di basso! Quello che ha fatto su "Air" è incredibile, davvero un musicista unico.
C'è un brano a cui ti senti legato maggiormente?
Sono, per un motivo o per l'altro, legato a tutti i brani dell'album, ma dovendo nominartene uno ti dico "The Spy Song" perchè racchiude al 100% tutti gli elementi del mio stile. Anche per questo ho scelto questo brano in particolare per girarci un video e promuoverlo come biglietto da visita di A Theory Of Dynamics. Il video è online su YouTube.
Cos'hai immaginato quando l'hai scritta?
Nulla in particolare, o almeno non mentre la scrivevo. Ma una volta scritta, in qualche suo punto mi ha sempre fatto immaginare una scena d'azione in qualche film di spionaggio, da qui il titolo. E' un brano aggressivo ma ricco di sfumature e di tantissimi dettagli. Quello che avevo in mente quando l'ho scritta era di 'fare i botti', ma a modo mio e senza mettere in secondo piano nè la musicalità nè un arrangiamento ricercato.
Siamo in conclusione, vuoi lasciare un messaggio ai nostri lettori?
Certo. Voglio salutare e ringraziare tutti i lettori, spero troveranno qualcosa di interessante in A Theory Of Dynamics! Segnalo loro il mio sito, da lì c'è un ponte diretto per la mia pagina Facebook, che cerco di aggiornare quotidianamente, e al mio canale YouTube.
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