La strada sembrava stranamente deserta. Solitamente i mezzi
pesanti viaggiano di notte su quella strada. Un senso di vuoto si stava
impadronendo di me, lasciandomi attonito di fronte a quella solitudine
momentanea. Eravamo quasi arrivati, presto avremmo potuto fermarci un momento
da qualche parte, almeno per cercare di riprenderci. Nicolas si era
addormentato con gli occhi gonfi di lacrime, sfinito per la stanchezza e lo
ssconforto che si erano impadroniti di lui, soffocandolo in una morsa
irresistibile.
Finalmente vidi il cartello che indicava l'ingresso a Stoneville.
Sembrava tutto a posto. Entrammo in città sfrecciando rapidi come quando
eravamo fuggiti dalla nostra città. Al solo varcare la soglia d'ingresso del
paese il mio cuore rallentò quel battito a ritmo forsennato che iniziava a
farmi male in petto. Chissà se
qui è successo nulla. Chissà se hanno saputo di Elmtown. Queste domande si ripetevano
all'infinito nella mia mente, insieme ad esse un'altra domanda, regnava sovrana
sulle altre: sarà successo lo
stesso anche qui?
Rallentammo la fuga, avevamo qualche chilometro a dividerci da
Elmtown, probabilmente devastata da ciò che era accaduto alla nostra fuga.
Passavamo gli incroci, il quartiere residenziale di Stoneville, non avevamo
tempo per rimirare i bei giardini delle villette poste una accanto all'altra
come tanti birilli.
Ad un lato della strada vidi un fast food. Eravamo fuggiti in
tutta fretta, magari mangiare un boccone ci avrebbe fatto bene, dopotutto erano
ore che non mettevamo nulla sotto i denti e la fame iniziava a sentirsi. Le
luci del locale erano stranamente spente eppure sembrava aperto. Mi accostai e
messa in folle la marcia dopo aver tirato il freno a mano scesi a controllare.
Chiusa la portiera dietro di me, mi avvicinai alla porta di vetro ed un brivido
gelido mi corse lungo la schiena, come se qualcosa o qualcuno da fiato glaciale
mi avesse appena soffiato sul collo. Una butta sensazione si impadronì di me.
Tornai alla macchina e ripartimmo diretti stavolta al dipartimento di polizia.
Non ci volle molto fortunatamente i due posti non distavano molto uno
dall'altro. Scesi dalla macchina chiudendo lentamente la portiera per non
svegliare Nicolas e messa la sicura, mi diressi verso la porta del
dipartimento. Imponente e lugubre, l'edificio si stagliava su di me, come se
volesse crollarmi addosso o come se volesse attaccarmi egli stesso,
scagliandomi addosso parti delle proprie mura. Anche li le luci sembravano
spente. Qualche luce dentro andava ad intermittenza. Entrai.
Non si sentiva alcun rumore provenire dalle viscere dell’oscurità
di quel posto, solo il buio giocava con la luce che andava e veniva, in una
danza macabra che sembrava volerti invitar a danzare sulle note di quel
silenzio surreale. È un posto di polizia,
mi dissi, dovrebbe essere pieno di
poliziotti ed invece non c’è nessuno! Ma che sta succedendo? L’ampia hall
del dipartimento era in soqquadro come se vi fosse appena stato un uragano. In cuor
mio iniziavo ad intuire, ma volevo conferme. Così mi inoltrai in quell’ampio
salone. Arrivato al bancone mi voltai a destra. Un paio di piedi sporgevano da
dietro un angolo di una scrivania ed il mio cuore sussultò. Lentamente mi
avvicinai e feci la triste scoperta. Un’agente di polizia riversa al suolo, il
cappello le era volato a terra ed il suo viso scarsamente illuminato era
ricoperto da una maschera di sangue. Qualcuno le aveva sparato alla testa, un
grosso foro sulla parte posteriore del cranio faceva capolino in mezzo alla
chioma della donna, ormai priva di vita.
Guardai la cintura della donna e vidi che la pistola era ancora
li. Mi chinai molto lentamente. Sapevo che mi avrebbe potuto tornare molto
utile un’arma in quella situazione, così mi feci forza e mi allungai verso la
vita della donna. Nonostante la calma, il cuore non accennava a rallentare la
sua corsa furiosa, più mi avvicinavo, più mi sentivo stringere nel petto. Afferrato
il calcio dell’arma con una mano, con l’altra tenni fermo il fodero e la
estrassi. Improvvisamente qualcosa mi sfiorò una spalla. Mi voltai di scatto e
puntai l’arma verso una figura scura. Versi incomprensibili uscivano dalla
bocca di quell’essere. Deglutii e puntandogli la canna dell’arma al viso
sparai. Quello cadde a terra con un tonfo sordo. Non ci pensai due volte, mi
alzai di corsa e vidi che nella stanza c’erano altre due creature. Per mia
fortuna ero vicino all’uscita e loro si muovevano lentamente, così correndo a
zig zag riuscii a farmi strada verso la porta. Alcuni zombie, probabilmente
allarmati dal colpo udito, si stavano avvicinando, tuttavia erano abbastanza
lontani.
Corsi giù dalle scale che conducevano all’ingresso del posto di
polizia ed in un soffio fui alla portiera. Nicolas nel frattempo s’era
svegliato e gridava di terrore dentro all’abitacolo. Entrai di corsa in
macchina e, senza pensarci due volte, girai la chiave e partimmo nuovamente.
di Alex Govoni
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