Le ore
passavano lente nel campo allestito alla meglio, tutti facevano
qualcosa per rendersi utili mentre le forze dell'ordine tentavano di
calmare gli animi ove servisse il loro intervento, mentre i soccorsi
tentavano di scavare con ogni mezzo ed il più in fretta possibile
nei cumuli polverosi di macerie, per estrarre eventuali superstiti o
vittime del disastro appena accaduto.
Assicuratomi
che Amber, mia moglie, stesse bene, iniziai a cercare le cose di cui
avevamo più bisogno al momento, qualche vestito ed un po' d'acqua
per riprenderci dallo spavento. Un banchetto non molto lontano dal
punto dove c'eravamo sistemati, fortunatamente, forniva alcune
coperte; mentre uno poco distante distribuiva bottiglie d'acqua.
Jack
continuava a stringere il figlio maggiore, mentre con una smorfia in
un misto tra rabbia e dolore guardava in direzione della propria
abitazione, da cui si vedeva solamente una colonna di fumo,
probabilmente alzata dagli operatori dei soccorsi nello scavo.
Un'altra
scossa, più forte di quella che udimmo precedentemente, fece
sussultare tutti quanti, alcune tende caddero su se stesse, mentre in
lontananza si udì il fragore di altri crolli. Grida di spavento si
spandevano per tutto il campo e la gente correva a destra e a manca.
Io corsi
nuovamente da Amber, stringendo a me la sola coperta appena
recuperata e facendomi largo in mezzo alla gente. Tornato sul posto
scoprii con mio gran dispiacere che lei non era più dove l'avevo
lasciata.
“JACK
HAI VISTO AMBER?” gridai rivolto al mio amico.
“NO!
L'HO PERSA DI VISTA POCO FA!” rispose lui, mentre reggeva in
braccio entrambi i figli.
Sembrava
di essere in mezzo ad un formicaio impazzito, tutti correvano in
tutte le direzioni tentando di sfuggire inutilmente alla terra che
tremava.
Ad un
certo punto la folla si diradò e la vidi, riversa al suolo. Alle mie
orecchie tutto tacque. Il frastuono era un lontano ricordo. Aprii la
bocca per gridare, ma non udii nemmeno la mia voce tanto era il
dolore. La donna che amavo era a terra e non sapevo se era ferita o
peggio. Quando finalmente le fui accanto feci l'amara scoperta. Era
morta, calpestata dalla folla. La presi a me. Ero talmente addolorato
ed arrabbiato insieme che non riuscivo a piangere. Il cuore spezzato,
le braccia strette su di lei, ancora calda, la mia bocca contratta in
una smorfia indescrivibile, un ghigno terrificante che avrebbe fatto
paura al diavolo stesso. Pochi secondi più tardi la terra smise di
tremare, ma nonostante tutto io continuavo a fremere di dolore.
Ci
vollero tre agenti per staccarmi dal corpo inerme di mia moglie. Il
suo viso prima perfetto – piccolo naso in mezzo al viso, due occhi
verde smeraldo e capelli come oro colato lungo la sagoma del suo viso
– erano ora un grumo di sangue e lividi.
“Cerca
di calmarti, non sei il solo ad aver perso qualcuno!” disse Jack,
rompendo il silenzio di quell'attimo.
“Tu
cosa ne sai? Magari tua moglie è sotto le macerie!” risposi
sprezzante.
Mi tirò
un ceffone. “GUARDATI INTORNO, PER LA MISERIA! C'E' APPENA STATO UN
SECONDO TERREMOTO DEVASTANTE, NON SEI IL SOLO AD AVER PERSO QUALCUNO,
MA SE ORA TI LASCI ANDARE AL DOLORE SARA' PEGGIO!” le sue labbra si
inclinarono, volse un momento lo sguardo in direzione delle macerie
di casa sua. Guardai amareggiato gli addetti che chiudevano il corpo
di mia moglie in una sacca nera, come quella dei film. Ma prima che
la zip si chiudesse del tutto, con uno sguardo freddo ma non morto
Amber mi osservò.
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